Il MMMAC (Museo Materiali Minimi d’Arte Contemporanea) nasce a Paestum nel 1993 su iniziativa del pittore Pietro Lista. Il museo eredita l’esperienza della galleria Taide, animatrice a Salerno del dibattito artistico-culturale negli anni Settanta e Ottanta.
La finalità del MMMAC è quella di divulgare l’arte contemporanea attraverso esposizioni, incontri, pubblicazioni, a partire dal territorio di Paestum dove sono presenti valori storico-archeologici relativi ai suoi templi, alle stratificazioni dell’edilizia antica, al paesaggio. Paestum come fonte di ispirazione per gli artisti, arte contemporanea come nuova attrattiva per il turismo culturale.
Per affermare tale finalità, il MMMAC è stato configurato sulla raccolta dei “materiali minimi”, prodotti da artisti di grande fama. Essi sono definiti da Gillo Dorfles come schizzi, scarabocchi, appunti, piccoli disegni predefinitivi.
Nel 1982, sulla rivista TAIDE numero 4, egli scrive un testo, intitolato “Il ritorno della pausa”, che è poi diventato il Manifesto del MMMAC:
“Proprio oggi, forse, quando sembra che tutto congiuri a favore della ragione, l’artista cerca qualche volta di sfuggirle. Forse, proprio un minimo quoziente di irrazionalità e di indeterminatezza potrà ancora costituire il germe per le creazioni future; prima che le paratie stagne della lucidità, dell’assolutezza, abbiano spento anche gli ultimi echi di quelle che furono le voci del desiderio, dell’ironia, o dell’angoscia.
Per queste ragioni il materiale minimo – ossia lo schizzo, l’abbozzo, il non-finito, l’embrionale, il magmatico – può diventare la vera matrice di qualcosa di più – e forse di meglio – dell’Opus Magnum: il Poema, la Statua, il Romanzo, la Sinfonia. Tutte le scorie che lo scrittore strappa al suo poema, o al suo racconto; tutti i minuti arabeschi che il pittore cancella con le sovrapposte stesure del colore; tutti i ripensamenti poetici, musicali, pittorici, che rimangono lettera morta destinata al cestino delle immondizie, sono invece spesso le uniche germinali intuizioni da cui può prendere l’avvio l’opera autentica. È, allora, in questo intervallo tra il momento ancora miocinetico del gesto e quello ponderato della costruzione che si cela – non sempre ma spesso – l’unica traccia di quel tempuscolo o corpuscolo di nuovo, di genuino, di autentico, di cui noi stessi non c’eravamo accorti, ma che costituisce l’unica autentica base d’ogni nostra successiva creazione”.
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